ccnl 2018

 

Lettura ragionata dell’Intesa di Palazzo Vidoni del 30.11.2016 e del CCNL Scuola 2018

  Le premesse per il rinnovo del Contratto, così come contenute nell’Intesa, non erano entusiasmanti ma alcuni passaggi potevano consentire quello che tutto il mondo del comparto Ricerca e Università auspicava: utilizzare gli strumenti necessari per segnare una discontinuità con il passato (Intesa –Premessa- pag. 1).

La Confsal, Confederazione cui aderisce lo Snals, aveva sottoscritto l’Intesa il giorno successivo, il 1° dicembre 2016. E, pur se nel frattempo c’è stato un cambio radicale nella dirigenza Snals e Confsal (avvenuti rispettivamente a maggio e a novembre 2017) lo Snals, nella vicenda contrattuale 2018, ha voluto onorare gli impegni sottoscritti. Ha operato all’interno dell’Intesa stessa per creare degli spazi di manovra, nel rispetto delle norme vigenti, con la piena consapevolezza che un’inversione di tendenza, il superamento di norme precedenti vessatorie per il comparto Ricerca e Università, un miglioramento economico degno di tal nome potessero essere realizzati. Ha cominciato un percorso comune con le altre OOSS, ha sinceramente e costruttivamente operato insieme fino ad un certo punto.

Alla fine ognuno ha fatto le scelte che ha ritenuto giuste e ognuno ne risponderà ai propri iscritti e comunque al mondo del comparto Ricerca e Università.

Adesso occorre riflettere sui “risultati” ottenuti, mettendo a confronto gli accordi sottoscritti nell’Intesa e i risultati conseguiti con il Contratto.

Nella premessa dell’Intesa si legge:

Il settore pubblico ha bisogno di una profonda innovazione. Per rispondere a queste domande riteniamo fondamentale il riequilibrio del rapporto tra legge e contratto per segnare una discontinuità con il passato. Pertanto, in questa prospettiva, il Governo si impegna ad attuare i contenuti del presente accordo nei testi legislativi e di finanza pubblica e negli atti di indirizzo.

I contenuti dell’Intesa si suddividono in 4 punti (a parte la Premessa):

1.  Relazioni sindacali.

2.  Parte normativa.

3.  Parte economica.

4.  Monitoraggio dell’attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione.

 

1.  Relazioni sindacali

 

a) “Il governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 17 della legge del 2015, si impegna alla definizione di un intervento legislativo volto a promuovere il riequilibrio, a favore della contrattazione, del rapporto tra le fonti che disciplinano il rapporto di lavoro per i dipendenti di tutti i settori, aree e comparti di contrattazione, per una ripartizione efficace ed equa delle materie di competenza e degli ambiti di competenza, rispettivamente della legge e della contrattazione, privilegiando la fonte contrattuale quale luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro, dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, nonché degli aspetti organizzativi a questi direttamente pertinenti”.

Nel maggio 2017 – dopo gli impegni assunti con l’Intesa – sono stati emanati i decreti legislativi n. 74 e n. 75 (i decreti “Madia”) – proprio nell’esercizio della delega di cui all’art. 17 della legge 124/2015 – che hanno modificato il  d.lgs. 150/2009 (“Brunetta”) e il d.lgs. 165/2001.

Le modifiche ivi contenute non hanno conseguito nessuno degli obiettivi sopra citati, anzi, hanno peggiorato le norme precedenti.

Il Governo ha disatteso il primo degli impegni sottoscritti. Si era impegnato a riequilibrare le fonti che disciplinano il rapporto di lavoro “a favore della contrattazione”. Non è accaduto. In buona sostanza i nuovi interventi legislativi (d.lgs. 74 e 75 del 25 maggio 2017 – decreti Madia- ) hanno confermato ed anche peggiorato  i principi, le procedure, le modalità precedenti ( contenuti nel d.lgs. 150/2009 –decreto ”Brunetta”).

Quanto all’impegno di “privilegiare la fonte contrattuale quale luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro, dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, nonché degli aspetti organizzativi a questi direttamente pertinenti”, certamente poteva essere uno dei temi su cui lavorare. La contrattazione è – lo avevano riconosciuto tutti- il luogo naturale che disciplina anche gli aspetti organizzativi che riguardano i lavoratori, materia che, invece, è rimasta nell’esclusiva competenza del DS. E, purtroppo, lo conferma il nuovo CCNL/2018. Peraltro gli aspetti organizzativi erano uno dei punti controversi, oggetto di incursione legislativa nel 2009. Perciò era comune l’obiettivo di superare il decreto “Brunetta” e dare più spazio alle relazioni sindacali!

Anche l’informazione preventiva è stata ridimensionata e l’informazione successiva è stata cancellata definitivamente. Dunque nessuna informazione sulla distribuzione del FIS e del salario accessori. E nessuno creda che il ricorso alla formula “fermi restando gli obblighi in materia di trasparenza” (art. 5 CCNL/2018) consenta di essere informati sulla distribuzione del salario accessorio che già oggi è talvolta difficile ottenere.

Eccole le “nuove e più efficaci relazioni sindacali”. Il Governo auspicava “nuovi modelli partecipativi” ma poi ha imposto meno contrattazione, meno partecipazione, meno scelte condivise, meno diritti e tutele, più aziendalismo!

C’era una possibilità di confronto per conseguire qualche buon risultato. Il  contratto avrebbe potuto derogare – in materia di rapporto di lavoro, compresi gli aspetti organizzativi;  di relazioni sindacali e di sanzioni disciplinari- a eventuali disposizioni che hanno regolamentato il rapporto di lavoro. (art. 2 co. 2 del d.lgs. 165/2001.) Un’occasione perduta per l’ARAN, che ha voluto insistere con pervicacia nell’errore di estorcere una firma “al buio”; per le OOSS che, in una condizione al limite dell’assurdo, hanno subìto (?) un contratto che non innova, che conferma le peggiori nefandezze del decreto “Brunetta”, delle norme che hanno devastato la Scuola e il personale nel periodo 2008-2014, della legge sulla “Buona Scuola”!

b) Un altro obbligo riguardava la necessità di “individuare ulteriori ambiti di esercizio della partecipazione sindacale per nuove e piene relazioni sindacali”.

A tal proposito si sono inventati il “confronto”. E’ una modalità già esistente e attivabile a seguito di informazione; le OOSS, infatti, potevano e possono chiedere “che sia attivato un tavolo di concertazione”.  Niente di nuovo! Non è un “riequilibrio a favore della contrattazione”. Non è una “una nuova forma di coinvolgimento delle OOSS”. Presentarlo come un passo in avanti nelle relazioni sindacali è una presa in giro, un’offesa alla RSU e aa tutto il personale.

c) Sull’ atto unilaterale.

Nell’Intesa si conviene di vincolare l’amministrazione ad adottarlo solo nei casi in cui “il perdurare dello stallo delle trattative, per un periodo di tempo che sarà definito dai contratti collettivi, determini un pregiudizio economico all’azione amministrativa.”

Nel Contratto il “pregiudizio economico all’azione amministrativa” diventa” un oggettivo pregiudizio …”, quindi che è tale per tutti i soggetti e non è condizionato dalla particolarità o variabilità dei punti di vista. Più facile affermarlo che uscire dall’impasse quando un soggetto ritiene che lo stallo delle trattative determini un pregiudizio e un altro soggetto ritiene il contrario. Sarà anche difficile, in qualche occasione, attribuirne la responsabilità. Potrebbe anche accadere che se lo stallo delle trattative fosse addebitabile al DS lo stesso DS adotti l’atto unilaterale.

Al fine di creare maggiore confusione e una condizione di soggezione da parte della RSU, il Contratto annulla anche due materie di contrattazione a livello regionale che potevano avere una qualche ricaduta sulle conflittualità a livello di istituzione scolastica.

A livello regionale non si istituiscono più “procedure di raffreddamento dell’eventuale conflittualità contrattuale generatasi a livello di singola istituzione scolastica” e neppure “modalità per la costituzione di una commissione bilaterale incaricata dell’assistenza, supporto e monitoraggio delle relazioni sindacali sul territorio regionale”.

Nel Contratto doveva essere definito un periodo di tempo di durata delle sessioni negoziali prima di arrivare all’atto unilaterale.

Il termine minimo di durata delle sessioni negoziali (art. 40, comma 3-ter del d. lgs. n. 165/2001) è fissato in 45 giorni, eventualmente prorogabili di ulteriori 45 (art.7 co.7 del Contratto).

Al massimo dopo tre mesi dall’inizio della trattativa il DS può adottare l’atto unilaterale. Quante devono o possono essere le riunioni in questi tre mesi?

Infine: “I contratti collettivi determineranno la durata massima della vigenza dell’atto unilaterale”. Indispensabile, considerato che la provvisorietà dell’atto è confermata:

“l’amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria”. Su questo punto il contratto tace. Un’occasione persa  per riequilibrare il tavolo di contrattazione.

Se ci fosse stata la volontà si sarebbe potuto intervenire su questa facoltà del DS che piano piano estromette la RSU dalla contrattazione e riduce di fatto gli spazi di tutela del personale.

 

2. Parte normativa

 

Nella parte normativa Governo e sindacati si impegnano ad individuare criteri e modalità per nuovi sistemi di valutazione; misure volte a favorire il miglioramento delle condizioni di lavoro; criteri e indicatori per misurare l’efficacia delle prestazioni; strumenti di monitoraggio delle carenze e delle necessità di riorganizzazione su vari fronti e misure per contrastare fenomeni anomali di assenteismo; criteri per la revisione della materia malattia, congedi e permessi.

Ci si muoveva, per la verità, su un terreno molto scivoloso. Necessitava un confronto serio e serrato per evitare che il decreto 150/2009 trovasse “piena” attuazione proprio in un Contratto. La celerità, la farraginosità, la superficialità con cui si è pervenuti alla sigla dell’ipotesi di contratto non ha consentito una riflessione approfondita sulla materia e una conclusione condivisa. Con qualche responsabilità!

Alla fine gran parte di questi “impegni ad individuare criteri“ si esplicitano negli articoli 18-21 del Contratto. Tutta la retorica dei luoghi comuni relativi al miglioramento delle condizioni di lavoro si dissolve nei congedi per le donne vittime di violenza (art. 18) e nell’estensione delle disposizioni sul matrimonio alle unioni civili (art.19). Non è tanto!

La questione dei premi individuali differenziati e della disincentivazione delle assenze (artt. 20-21) pesca a piene mani nel decreto “Brunetta” che – lo si legge nell’art. 1 del decreto– assicura … una migliore organizzazione del lavoro, l’incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, il riconoscimento di meriti e demeriti, l’incremento dell’efficienza del lavoro pubblico ed il contrasto alla scarsa produttività e all’assenteismo… .

 

Su merito e premi.

Il Contratto 2018 (art. 20) prevede una maggiorazione dei premi individuali  –da definire in contrattazione integrativa-  per i  dipendenti che conseguano le valutazioni più elevate, secondo quanto previsto dal sistema di valutazione dell’amministrazione.

Più che altro sembra un atto di indirizzo. Ma alle OOSS gli “atti di indirizzo” li danno solo gli iscritti. Non li si possono accettare se provenienti dall’Amministrazione che, comunque, nella contrattazione è la nostra controparte. Legittimamente l’Amministrazione invia i suoi atti di indirizzo all’ARAN che, infatti, nell’attività negoziale informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative. Un colpevole stravolgimento dei ruoli!

Poca autonomia, perciò, per la contrattazione integrativa. E’ già stabilito che  la misura di detta maggiorazione  non potrà comunque essere inferiore al 30% del valore medio pro-capite dei premi attribuiti al personale valutato positivamente e,  in particolare, che essa spetta ad una limitata quota massima di personale valutato.

Due paletti che retrocedono la parte sindacale a meri esecutori di un indirizzo

applicativo del decreto “Brunetta”. Grave che sia stato recepito in un Contratto!

Tuttavia l’attuazione di queste norme non è imminente. Per il personale delle istituzioni scolastiche, educative e dell’AFAM nonché per i ricercatori e tecnologi, resta fermo quanto previsto dall’art. 74, comma 4 del d.lgs. n. 150 del 2009, che rinvia ad un DI la determinazione dei limiti e delle modalità delle disposizioni del Titoli II – misurazione, valutazione e trasparenza della performance – e del Titolo III – merito e premi- del d.lgs. 150.

E qui nasce un ulteriore problema interpretativo: l’attesa del DI vale – per la scuola-  solo per il personale docente (come prevede l’art. 74) o anche per il personale ATA (come lascerebbe intendere il co.4, che parla di “personale delle istituzioni scolastiche”? E’ il risultato dell’improvvisazione .

 

Sul contrasto all’assenteismo.

Il Contratto (art. 21) prevede misure per disincentivare elevati tassi di assenza del personale. Se alcuni sbagliano pagano tutti, con il blocco delle risorse dei fondi per i salari accessori rispetto all’anno precedente

Anche in questo caso la contrattazione integrativa disciplina gli effetti di questi principi sulla premialità individuale, che deve essere differenziata, maggiorata non meno del 30% del valore medio pro capite, limitata ad un certo numero di persone.

Siamo di nuovo all’ ”atto di indirizzo” dell’Amministrazione a tutto il tavolo di contrattazione, ai principi riportati nei titoli 3 e 4 del decreto 150/2009 che così sono accolti nel contratto.

Lo Snals non condivide queste scelte imposte, questi paletti che di fatto riducono l’autonomia delle parti negoziali. Soprattutto –lo ripete anche volta- è scandaloso che il Contratto  abbia recepito  principi che la Scuola ha sempre avversato,  che ha sempre subìto.

 

3. Parte economica

 

Nell’Intesa le parti riconoscono la scarsità delle risorse e “il Governo, confermando la vigenza contrattuale nel triennio 2016-2018 … garantisce che, con le leggi di bilancio, saranno stanziate ulteriori risorse finanziarie che consentano di definire incrementi contrattuali in linea a quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi.”

Non sbaglia lo Snals se considera la cifra di incremento contrattuale – una volta concordata- con decorrenza 1 gennaio 2016 ( il Contratto ha validità  nel triennio 2016-2018); se ritiene che l’aumento “non inferiore a 85 euro mensili medi” sia solo un punto di partenza; se chiede risorse aggiuntive perché 85 euro mensili – lordo Stato – non coprono neanche la perdita del potere di acquisto della retribuzione nei dieci anni di mancato rinnovo contrattuale (pari al 15%),

E chi lo accusa di non aver firmato il Contratto nonostante gli impegni sottoscritti mente sapendo di mentire. A se stesso e agli altri.

Lo dimostrano le cifre degli aumenti mensili. Si è dovuto corrispondere un cosiddetto “elemento  perequativo” (art. 37) a tutto il personale ATA e ai docenti appartenenti ai primi tre gradoni (quindi fino al gradone 15-20).  per avvicinarsi o raggiungere gli 85 euro mensili.

“Con il meccanismo dell’elemento perequativo viene assicurato per il 2018 un aumento non inferiore a circa 80 euro per tutti i profili professionali”, così ammette un sindacato firmatario nelle sue schede illustrative. Gli euro sono ridotti a 80.

Infatti la beffa, per il personale, consiste proprio in questo aumento “a tempo”, che  non è computato agli effetti dell’indennità di buonuscita e del trattamento di fine rapporto e che dura solo 10 mesi, da marzo a dicembre 2018.

Con il 1 gennaio 2019 gli 85 euro –che sono diventati un punto di arrivo- ridiventano un miraggio. Non si prende in giro così il personale!

Gli impegni assunti dalle Parti erano altri, gli obiettivi erano alti. Lo Snals, con le sue richieste,  ha cercato di avviare il recupero della perdita del potere di acquisto della retribuzione nei dieci anni di mancato rinnovo contrattuale.

In questa direzione lo Snals, nella sua piattaforma, chiedeva il riconoscimento ai dipendenti  in servizio e a quelli collocati in quiescenza nel 2013 dello scatto stipendiale maturato nel medesimo anno e congelato dal Governo. Chiedeva, altresì, il ripristino della fascia stipendiale da 3 a 8 anni di anzianità, soppresso con  il CCNL 4 agosto 2011, che pure aveva sottoscritto. Ma quel contratto (art. 1 co 2. Le disposizioni del presente CCNL rimangono in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo CCNL) lasciava una porta aperta al successivo contratto.

Un’altra occasione perduta. Il problema non è stato possibile neppure porlo in discussione. Con responsabilità ben ascrivibili.

Stendiamo un velo pietoso sugli arretrati. La cifra per ognuno copre 26 mesi – da gennaio 2016 a marzo 2018- e va dai 200 ai 500 euro netti. Nulla da dire su cifre – da 7 a 20 euro al mese – che sono meno di un’elemosina! Un’offesa alla dignità!

 

4. Monitoraggio dell’attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione.

 

Nell’Intesa sono sottoscritti impegni per iniziative idonee per la semplificazione e la trasparenza; per misurare e monitorare i fabbisogni di personale; per contribuire alla eliminazione di forme di precariato.

Il Governo,  poi, si impegna a ridefinire e ridurre le forme di lavoro flessibile sia in tema di reclutamento sia in forma di utilizzazione, ad assicurare il rinnovo dei contratti precari attualmente in essere e di prossima scadenza.

Anche  questo ultimo aspetto appare essere vuota retorica.

Si pensi all’impegno di favorire il miglioramento delle condizioni di lavoro (vedi sopra, punto 2)  e di misurare e monitorare i fabbisogni di personale (contenuto in questo ultimo punto del Monitoraggio). Il contratto integrativo sulla mobilità, per esempio, avrebbe potuto rivedere la percentuale dei posti da destinare ai trasferimenti interprovinciali, previo monitoraggio dei fabbisogni di personale nelle varie realtà d’Italia. Si sarebbero potute proprio favorire migliori condizioni di lavoro per coloro che aspirano al trasferimento interprovinciale.

Era il novembre 2016. E’ passato “solo” un anno e mezzo. Bisognerà aspettare tempi migliori. Ma se pensiamo a come sono stati rispettati gli altri impegni allora assunti, non succederà mai!

 

2018-03-12T23:30:30+00:00
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